Il Parkinson e la famiglia

Il Parkinson e la famiglia

La malattia di Parkinson, anche se ad insorgenza graduale, rappresenta per la famiglia un momento di crisi profonda. Essa infatti, poiché ha un andamento cronico e progressivo, richiede alla famiglia continui adattamenti necessari, quali: cambiamenti di ruolo, di funzioni dei diversi membri del nucleo familiare e di dinamiche ormai collaudate nel tempo, per consentire di adattarsi ad essa, cercando di mantenere il più possibile l’autonomia dei diversi membri.

La malattia di Parkinson, anche se ad insorgenza graduale, rappresenta per la famiglia un momento di crisi profonda. Essa infatti, poiché ha un andamento cronico e progressivo, richiede alla famiglia continui adattamenti necessari, quali: cambiamenti di ruolo, di funzioni dei diversi membri del nucleo familiare e di dinamiche ormai collaudate nel tempo, per consentire di adattarsi ad essa, cercando di mantenere il più possibile l’autonomia dei diversi membri.

Tutto ciò comporta ovviamente un cambiamento dell’identità della famiglia che diventa un’altra, conservando il ricordo di com’era prima dell’insorgenza della patologia.

Proprio perché è una malattia cronica e progressiva, occorre che il malato e i familiari conoscano le tante caratteristiche della patologia per imparare a gestirla, per non subirla passivamente, ma combatterla. Ossia accettarla e imparare a farci i conti giorno dopo giorno, senza lasciarsi sopraffare dallo sconforto.

Infatti, questa malattia richiede cure per tutto l’arco della vita, richiede attenzione ai diversi cambiamenti fisici, cognitivi e aggiustamenti continui della terapia.
 

L’accettazione della diagnosi

Una delle maggiori difficoltà riscontrabili nel paziente e nei suoi familiari è l’accettazione della diagnosi di Parkinson. La diagnosi e la consapevolezza di tutto ciò che comporterà questa patologia può gettare il paziente, ma anche l’intero nucleo familiare in uno stato di profonda depressione, disperazione e senso di impotenza.

Negare la malattia è un atteggiamento che se da una parte può, almeno in un primo momento, preservare il paziente e la sua famiglia da un dolore insostenibile, dall’altro è un atteggiamento contro-produttivo dal momento che può ostacolare la capacità di prendere atto della patologia e ritardare così l’inizio della cura.

La malattia di Parkinson infatti, va curata subito e il prima possibile, in quanto una corretta e tempestiva terapia potrebbe rendere possibile ritardarne il progresso.

L’accettazione è un processo che non ha mai fine per questi pazienti, infatti il Parkinson provoca molti cambiamenti e ad ogni cambiamento segue un’inevitabile adeguamento e accettazione del nuovo stato di cose. Gli equilibri che il paziente si crea faticosamente, facendo i conti con i sintomi fisici devono essere modificati alla comparsa di altri sintomi, così come gli equilibri familiari, che mutano per sopperire alle richieste e ai problemi del malato.
 

L’illusione di poterla controllare

Normalmente il parkinsoniano ci mette degli anni prima di accettare completamente la malattia e tutti i sintomi che comporta; la stessa cosa vale per i familiari, i quali, specie se il Parkinson è a lenta insorgenza, si illudono all’inizio di poter controllare la patologia. Nel corso degli anni, acuendosi i sintomi causati dalla patologia e aumentando i sintomi conseguenti agli effetti disinibitori dei dopamino-agonisti, gli ingravescenti compiti assistenziali sostenuti dai familiari aumentano sempre di più richiedendo tempo, attenzione, energia
 

Il caregiver

Generalmente vi è una sola persona che si occupa dell’assistenza della persona con parkinson, nella maggior parte dei casi (72%) sono donne, tra gli uomini più frequentemente troviamo mariti e figli. I coniugi sono per lo più coloro che si prendono cura dei loro partner.

Qualora non siano in grado di farlo subentrano al loro posto figli o nuore. Tra i coniugi più anziani che svolgono questa attività, almeno la metà ha, a sua volta, problemi di salute. Almeno un terzo dei familiari sono lavoratori e sommano l’attività assistenziale a quella lavorativa. Il ruolo dei familiari è senza dubbio importantissimo, sia per il benessere dei membri della loro famiglia che per la società, perché grazie a loro, chi ha gravi problemi di salute riceve dignitosamente il conforto e l’assistenza di cui necessita.

Certamente una delle maggiori sfide che il familiare si ritrova ad affrontare quotidianamente è quella di riuscire a gestire i compiti di assistenza al familiare con Parkinson, contemporaneamente ad altre attività che richiedono tempo, attenzione ed energia. Infatti mediamente il familiare si occupa della cura della casa (fare la spesa, fare le pulizie, cucinare), pulizia del malato (lavarlo, vestirlo, aiutarlo nella deambulazione), si occupa delle cure mediche (assistenza per la terapia), spesso si occupa anche del coordinamento e dell’organizzazione di altre persone che forniscono assistenza e molte volte deve anche occuparsi di altri membri del nucleo familiare (nonni, suoceri, bambini).

Assistere una persona con Parkinson se da una parte può essere molto soddisfacente, dal momento che è espressione di amore per una persona a noi cara, dall’altro può diventare fisicamente, ma soprattutto psicologicamente esasperante. Se l’impegno richiesto diventa eccessivo, chi assiste il malato potrebbe sperimentare un calo di energia, del tono dell’umore e di capacità di far fronte ai problemi e sperimentare sintomi che indicano la presenza di stress eccessivo.
 

Lo stress dell’accudire

Tra i principali sintomi indicatori di stress, i familiari delle persone con Parkinson potrebbero lamentare a livello fisico: mal di testa, dolori muscolari, problemi di appetito, insonnia, peggioramento di malattie croniche e ridotte difese dell’organismo. A livello emotivo: senso di colpa, di abbandono, rabbia, depressione, ansietà. A livello cognitivo: perdita di memoria, difficoltà a prendere decisioni, ridotta capacità di concentrazione. I familiari possono inoltre riscontrare difficoltà relazionali lamentando: atteggiamento rinunciatario, colpevolizzante, irritabilità, impazienza, sensibilità eccessiva alle critiche.