La ricerca “Vivere il Parkinson al tempo del COVID-19”

L’Università Cattolica di Milano, in partnership con Confederazione Parkinson Italia e Fresco Parkinson Institute, si è fatta promotrice di uno studio indirizzato a esplorare l’impatto della pandemia Covid-19 sul percorso assistenziale e sulle condizioni psico-sociali delle persone con Parkinson in Italia. 

La ricerca è stata condotta attraverso la somministrazione di un questionario online a cui hanno risposto, nel mese di marzo 2021, N. 420 persone affette da questa patologia. I rispondenti sono nel 54% maschi e nel 46% femmine. L’età media è 68 anni (s.d.= 9,6).

I risultati dello studio evidenziano come, a causa dell’emergenza sanitaria, un’elevata percentuale di malati abbia incontrato difficoltà di accesso alle cure sanitarie. Il 66% ha dichiarato di avere interrotto per lunghi periodi le attività di riabilitazione, il 55% ha ricevuto disdette da parte delle strutture sanitarie o dei medici per visite mediche programmate, mentre il 29% ha cancellato personalmente le prenotazioni per paura di contrarre il virus. Il 26% ha avuto problemi nel contattare il proprio medico di famiglia e il 23% ha registrato analoghe difficoltà a mettersi in contatto con il proprio neurologo.

Sul piano psico-sociale, una persona con Parkinson su due si è sentita più sola e ritiene che la qualità della sua vita sia peggiorata. E’ interessante comunque notare come la pandemia abbia rappresentato anche un’occasione per riflettere e capire cose importanti sul senso della vita e della malattia (53%) e per coltivare le relazioni con i proprio cari (49%).

Tra gli altri risultati dello studio, emerge come sia necessario potenziare il ruolo delle associazioni per il Parkinson. Alla domanda “come ha affrontato le difficoltà durante la pandemia”, la maggior parte dei rispondenti ha affermato di essersi fatto forza sulle proprie risorse personali (68%, risposte “spesso” o “molto spesso”), avere cercato aiuto tramite le tecnologie digitali (44%) o chiesto aiuto ai propri familiari (40%). Solo l’8% ha dichiarato di aver ricevuto aiuto, con la stessa frequenza, nel mondo delle associazioni.

Il ruolo giocato dalle tecnologie digitali come dispositivi utili per ridurre le difficoltà conseguenti l’emergenza sanitaria emerge in più parti dello studio. «Nell’immaginario sociale, le persone con Parkinson sono concepite come soggetti anziani con basse competenze informatiche. Al contrario, gli esiti della nostra ricerca evidenziano come il ricorso alle tecnologie digitali sia molto frequente tra gli intervistati, anche più anziani» afferma la Dott.sa Linda Lombi, responsabile scientifico dello studio.

«Tra gli over 75, per esempio, il 48% ha dichiarato di aver cercato gruppo online per il Parkinson, e il 20% lo ha fatto per la prima volta nel periodo del Covid-19. Il 43% dei rispondenti della stessa fascia di età ha affermato di aver cercato video o piattaforme online per la riabilitazione e il 29% ha iniziato a farlo durante l’emergenza sanitaria». In generale, coloro che hanno maggiori competenze digitali per la salute hanno affrontato meglio la pandemia, sia rispetto alla continuità assistenziale, sia rispetto all’impatto sul fronte psico-sociale. «Questi dati ci fanno capire come dobbiamo includere sempre più le tecnologie digitali tra gli strumenti utili per migliorare la qualità di vita di queste persone e dei loro caregiver».

Sull’importanza di investire sugli strumenti digitali per aiutare le persone con Parkinson e le loro famiglie sono convinti anche la Confederazione Parkinson Italia e il Fresco Parkinson Institute, partner del progetto di ricerca “Vivere il Parkinson al tempo del COVID-19” condotto dall’Università Cattolica di Milano, e promotori del progetto “Non siete soli”, un ciclo di 18 webinar gratuiti con i massimi esperti in campi quali neurologia, psicologia, medicina riabilitativa e diritto. Il corso, basato su un approccio clinico, psicologico e sociale alla malattia, offre gli strumenti e le competenze necessarie a stimolare la partecipazione attiva nella gestione a domicilio del Parkinson.

Con le parole del Presidente di Parkinson Italia, Giangi Milesi: «Siamo molto soddisfatti dell’iniziativa che, basandosi su un approccio clinico, psicologico e sociale alla malattia, sta offrendo gli strumenti e le competenze necessarie a stimolare la partecipazione attiva nella gestione a domicilio del Parkinson, migliorando il benessere e la qualità di vita dell’intero nucleo famigliare».

Dello stesso parere è il Dott. Daniele Volpe, Direttore del Fresco Parkinson Institute, secondo il quale “l’utilizzo alle tecnologie ha permesso di raggiungere migliaia di persone con malattia di Parkinson e i loro caregivers (2.800 partecipanti) garantendo una continuità assistenziale attraverso la formazione. Il progetto prevederà la continuazione dei corsi di formazione on line da Settembre ponendosi come obiettivo di diventare una Scuola di formazione permanente per caregivers».

Gli esiti della ricerca e le esperienze legate alla formazione online evidenziano come sia sempre più urgente non solo includere queste tecnologie tra gli strumenti a supporto delle persone con Parkinson e dei loro familiari, ma anche lavorare per aumentare le competenze digitali.

I risultati dello studio saranno pubblicati in un capitolo del volume dal titolo “Malati sospesi. La gestione della cronicità ai tempi del COVID-19”, titolo di un libro in preparazione per l’editore FrancoAngeli, curato dal prof. Antonio Maturo e dalla Dott.sa Marta Gibin dell’Università di Bologna.

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