La palla ovale, una passione che ti insegna a combattere e a non mollare mai

Parma – Curzio Zatelli ha giocato in serie A per vent’anni: rugbista autentico di quando ancora il rugby non era uno spettacolo per la Tv, le divise fuori misura lasciavano spazio alla tenacia e la società ti rimborsava solo la...

ParmaCurzio Zatelli ha giocato in serie A per vent’anni: rugbista autentico di quando ancora il rugby non era uno spettacolo per la Tv, le divise fuori misura lasciavano spazio alla tenacia e la società ti rimborsava solo la metà delle scarpette. Oggi insieme a lui c’è un avversario poco gradito, il Parkinson, contro cui lotta da quindici anni, ma che Zatelli ha imparato ad affrontare. Lo sport nel cuore, gli occhi che si riempiono a rivedere le foto in bianco e nero di una gioventù passata e la voglia di raccontare, adesso più che mai, di quanto era bello dare anima e corpo per una vittoria. Guai, però, a chiamarlo campione, i nomi altisonanti non li gradisce. Ha 73 anni e alla Ca’ Rossa, il circolo per anziani (e non) di via Europa a Parma, passa le giornate con gli amici e – tra fiumi di «Amarcord» – racconta la sua storia.

Se tra una chiacchiera e l’altra gli si chiede conto del momento più emozionante mai vissuto, legato alla sua brillante carriera (esordì in serie A non ancora maggiorenne), la sua memoria non scava di molto. È di pochi anni fa, infatti, il ricordo più commovente: «Quando esordii, a diciassette anni, fu a Milano, al campo sportivo Giuriati – spiega –. Quattro o cinque anni fa mi capitò di essere ricoverato nel capoluogo lombardo per la mia malattia, e un giorno, passeggiando per una corsia, dalla finestra lo vidi dall’alto: il campo in cui tutto era cominciato. Fu un’emozione fortissima. E pensare che da quando avevo smesso di giocare non ero mai più andato a vedere una partita».

Quando iniziò nel Cus Parma erano gli anni Cinquanta, poi giocò nelle Fiamme Oro, la squadra della Polizia di stato, per poi tornare nuovamente a Parma.
Il suo ruolo era dapprima quello di pilone, poi terza linea: «Il rugby è stato fondamentale nella mia vita, e mi ha accompagnato sempre, anche dopo che ho smesso di praticarlo – racconta emozionato Zatelli –. È uno sport che ti insegna a combattere e a non mollare mai, a rispettare l’arbitro, le regole, gli avversari. Oggigiorno, quando vedo i ragazzini di undici anni giocare a calcio, e sugli spalti i genitori che imprecano e magari si insultano tra loro, sto male dalla rabbia».

Zatelli ammette di aver giocato sempre e solo per passione: «Sempre gratis, mai preso grandi soldi, ma un tempo lo si faceva per il grande amore che ci legava alla palla ovale – rievoca –. Pochi mesi fa abbiamo organizzato una cena e ci siamo ritrovati dopo quarant’anni: il rivedersi è stato davvero emozionante. Anche se, a guardarci in faccia, ci si è resi conto di quanto siamo terribilmente invecchiati – scherza –. Non li vedevo da tanto tempo, i miei compagni, ma la sensazione era un po’ quella che mi fossero rimasti a fianco tutta la vita».

Da un articolo di Margherita Portelli per la Gazzetta di Parma