20 anni di Parkinson Italia: Intervista al Presidente

In occasione dei 20 anni della Confederazione, il Presidente Antonino Marra è stato intervistato dalla Redazione di Pazienti.it sulle nuove frontiere terapeutiche della malattia di parkinson.

Curare il Parkinson: quali sono le nuove frontiere terapeutiche a cui si mira?

Si fa fatica a individuare le “nuove frontiere” terapeutiche per la malattia di parkinson; i segnali che giungono dal settore della ricerca non sono confortanti. Tra tutti basta pensare alla recente rinuncia di due tra le maggiori multinazionali del farmaco a proseguire la ricerca proprio nel settore neurologico.

Non incentivata adeguatamente, troppe e per troppo tempo sono le spese della ricerca e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: si affacciano nel panorama alcune molecole che “fanno ben sperare”, ma che alla prova dei fatti non rappresentano una nuova frontiera in grado di modificare radicalmente i protocolli. Rimane la L-Dopa il farmaco di riferimento e, in parallelo, entacapone.

Se di ricerca si vuole parlare. Dobbiamo volgere lo sguardo alla genetica e alla domanda di sempre: fino a quando dovremo parlare di parkinson come malattia idiopatica?

In tale panorama, si colloca l’inquietante “periodica e momentanea” non disponibilità dei farmaci antiparkinson nelle Farmacie del nostro Paese. Argomento che meriterebbe una risposta adeguata da parte di coloro che gestiscono i flussi dei farmaci.

Ad oggi, in che modo è possibile rallentare la degenerazione dei sintomi della malattia?

La progressiva evoluzione della malattia di parkinson tutt’oggi vede un reale rallentamento, se il paziente sposa una terapia riabilitativa costante nel tempo e non limitata a sporadici cicli di un paio di settimane l’anno.

Abbiamo tutti appurato (neurologi, fisiatri, fisioterapisti) che trattamenti fisioterapici mirati e appropriati consentono una azione sinergica con le cosiddette “terapie complementari”, quali il nordic walking, le danze irlandesi, il tango, lo yoga o il Tai Chi.

Ciò non solamente perché accentuano la socializzazione, ma si rivolgono anche a una gestualità e a un movimento che sembrerebbe “riannodare” connessioni interrotte tra cervello e corpo.

Anche in questo settore, le Associazioni delle persone con MdP svolgono un ruolo fondamentale: creano una nuova cultura e sviluppano una “educazione alla malattia” con elementi nuovi e oltre la terapia farmacologica.

Antonino Marra

08 ottobre 2018

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